
Potenza, 25 aprile 2025
Con commozione, il mio primo pensiero oggi va a Papa Francesco, tornato alla casa del Padre, ed alle sue parole rivolte ai Prefetti della Repubblica in occasione dell’incontro nella Sala Clementina al Vaticano l’11 dicembre 2023, rinnovando (Lui!) “gratitudine per l’impegno profuso in favore del bene comune, della pacifica convivenza nei variegati territori della nostra Italia, ricca di tradizione e di valori che parlano di coesione, accoglienza, solidarietà”. A seguito della proclamazione del lutto nazionale di cinque giorni, resterà aperto in Prefettura sino a domani - giorno delle esequie - un registro di condoglianze per consentire a tutti i cittadini che desiderano farlo di manifestare il proprio cordoglio per la scomparsa di Papa Francesco, Pontefice degli Ultimi, fino alla fine voce instancabile di Speranza e di Pace.
Saluto le cittadine e i cittadini presenti, le autorità civili e militari, i rappresentanti dell’ANPI e delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, il Presidente della Consulta provinciale degli Studenti, le rappresentanze studentesche di Potenza della Scuola Primaria delle Canossiane, dell’I.C. “Domenico Savio”, del Liceo Classico “Quinto Orazio Flacco”, del Liceo Scientifico “Galileo Galilei”, del Liceo Artistico, Musicale e Coreutico “Walter Gropius” e dell’I.I.S. “Da Vinci - Nitti”, i giovani dell’ACR - Azione Cattolica Ragazzi e dell’AGESCI- Associazione Guide e Scout Giovani.
Ringrazio, inoltre, i giovanissimi alunni di I e di V della Scuola primaria di Savoia di Lucania che hanno partecipato con entusiasmo, pur in questi giorni di chiusura delle Scuole, al concorso di idee sul valore del 25 aprile, inviando tanti elaborati grafici, pieni di idee colorate, pubblicati sul sito istituzionale della Prefettura.
Un sincero grazie rivolgo, infine, ai bravi giovani musicisti del collettivo dell’“Orchestra Maldestra”, il cui contributo ha arricchito questa celebrazione: ringrazio, quindi, Donato Telesca (pianista), Antonio Laìno (pianista e direttore d’orchestra), Sofia Fasanella (primo violino), Maia Brienza (secondo violino), Miriam Nardiello (terzo violino), Sofia Summa (violoncellista), Giovanni Paolo Ruggiano (tenore) e Samantha Franchino (soprano). Complimenti, ragazzi!
Prima di alcune mie brevi riflessioni, dò lettura del messaggio che la Senatrice Maria Elisabetta Alberti Casellati, Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, ha voluto inviare per l’occasione.
“Gentile Prefetto, la ringrazio per il cortese invito a intervenire alla cerimonia ufficiale per l’80°Anniversario della Liberazione, che avrà luogo a Potenza. Impegni legati alle mie responsabilità istituzionali non mi consentiranno purtroppo di essere presente alla Festa, che ricorda e celebra chi ha creduto nella rinascita del nostro Paese e nell’Europa come fulcro di pace tra i popoli e di benessere sociale. Sono convinta ci sia bisogno di far conoscere le storie e il coraggio di chi non si piegò al regime, seppe resistere e sacrificò la propria vita per il bene comune, per la costruzione di quell’Italia democratica che noi abbiamo ereditato e che dobbiamo ogni giorno preservare e amare”.
Tutti siamo concordi nel ritenere il 25 aprile come il punto di arrivo di una lunga stagione di sofferenze, ma anche il punto di partenza di un nuovo progetto di Paese. Una data simbolica, che segna la fine dell’occupazione straniera e della dittatura, con l’inizio di un nuovo cammino fondato sui valori di libertà, democrazia e giustizia.
La Resistenza, nata nelle pieghe oscure della dittatura fascista e alimentata dal coraggio di donne e uomini comuni, è stata il cuore pulsante di questa rinascita. Fu grazie a quel coraggio che l’Italia poté ritrovare la propria dignità, gettando le basi per l’elaborazione della nostra Costituzione, la più alta espressione dei valori per cui molti hanno combattuto e sono morti.
Oggi, a ottant’anni di distanza, la Festa della Liberazione non è soltanto rito della memoria, ma richiamo concreto all’attualità dei principi costituzionali: alla libertà come responsabilità collettiva, alla democrazia come partecipazione, alla giustizia sociale come traguardo ancora da completare, alla pace, oggi più che mai, come bene da rincorrere e custodire con determinazione.
L’eco di quel 25 aprile non è solo nei libri di storia, ma nei valori della nostra Costituzione, nelle libertà che oggi viviamo, nelle Istituzioni che ogni giorno serviamo.
I Padri Costituenti seppero trasformare il dolore della guerra e della dittatura fascista in un progetto politico e giuridico di straordinaria visione.
L’ho sempre fatto nei numerosi incontri nelle Scuole di questa provincia a cui partecipo con grande piacere, ma permettetemi di riprendere anche oggi, in questa occasione, le parole pronunciate da Piero Calamandrei, padre costituente e testimone della Resistenza, rivolgendosi agli studenti milanesi nel celebre discorso del 1955:
“Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, giovani che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta.
Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, lì è nata la Costituzione”.
E’ bene che ricordiamo tutti - questo ci suggerisce Calamandrei - che la Resistenza fu un movimento popolare diffuso, che coinvolse territori, comunità e persone in ogni parte d’Italia. Ed anche questa provincia non è stata da meno, vivendo momenti significativi di opposizione al regime fascista, di solidarietà civile, di partecipazione democratica.
In questo lembo di meridione, donne e uomini contribuirono, spesso in silenzio, alla costruzione di quella coscienza civile che avrebbe alimentato il processo costituente. La Resistenza potentina si espresse in varie forme: nel sostegno ai perseguitati, nel rifiuto della violenza e della repressione, nell’organizzazione clandestina di attività antifasciste, nel coraggio di chi scelse la libertà, anche a rischio della propria vita.
Qui in Basilicata, e in particolare in provincia di Potenza, la Resistenza fu viva, concreta, coraggiosa. Non fu solo un moto militare, ma una scelta civile e morale, spesso pagata con la vita nel nome della libertà e della giustizia.
Ricordiamo quindi con commozione le gesta dei partigiani lucani, degli antifascisti perseguitati, degli internati militari, dei contadini che diedero rifugio, dei magistrati e degli uomini delle Istituzioni che sostennero il coraggio della verità, anche fuori della loro terra lucana.
Ho letto di recente l’ultimo prezioso lavoro di ricerca e testimonianza svolto dallo scrittore e giornalista di origini lucane Emilio Chiorazzo, nel suo volume “I Lucani della Resistenza”, con sottotitolo “Donne e uomini che sognavano la libertà”, dedicato ai lucani che hanno combattuto per i valori di libertà, democrazia e giustizia. Attraverso le loro storie comuni, egli ci restituisce la dimensione più autentica della Resistenza, quella di un popolo intero, capace di eroismi silenziosi e di gesti straordinari nella quotidianità, da noi in Basilicata come in tutto il resto del Paese.
E’ il coraggio di donne come Pia Civale, nativa di Lagonegro, maestra infermiera a Napoli, dove incontra Lenuccia Cerasuòlo, la ragazza napoletana simbolo della partecipazione femminile alla lotta di liberazione.
E’ l’entusiasmo e il sacrificio di giovani come Francesco Fagà, paracadutista di Potenza, che aderisce appena diciassettenne alla formazione romana “Patria e Libertà” e come Giordano Bruno Palumbo di Palazzo San Gervasio, noto come il “partigiano bambino”, che si aggrega al Fronte militare clandestino della Resistenza nel gruppo “Bianchi Manfredi”, formato da Carabinieri che dopo l’8 settembre 1943 scelgono di combattere per la liberazione del Paese dall’occupazione tedesca.
E’ la determinazione di Egidio Suanno, nativo di Agromonte, oggi frazione di Latronico, giovane poco più che ventenne che ha scelto di entrare in contatto con i partigiani, nella Brigata “Pasino” nel Monferrato, con il nome di battaglia Aldo.
E’ l’impegno civico di gente semplice, come Eugenio Messina di Potenza, lucidatore di mobili trasferitosi a Roma per cercare lavoro, arrestato dalla Squadra Politica della Questura romana e fucilato a Forte Bravetta, in quanto ritenuto elemento di spicco del Partito Comunista; oppure, come Gaetano Sepe di Maschito, anch’ egli trasferitosi a Roma per sfuggire alla fame e diventare sarto di fiducia del giovane Giulio Andreotti, prima di essere arrestato perché ritenuto capocellula del Movimento Comunista Clandestino e morire insieme con le altre 334 vittime delle Fosse Ardeatine, assurda rappresaglia all’attentato di Via Rasella del 23 marzo 1943.
Ancora. E’ l’onestà coraggiosa di uomini delle Istituzioni, come Nicola Panevino originario di Carbone, magistrato che decise di scendere in campo, a capo del Comitato di Liberazione Nazionale di Savona, morto fucilato in una rappresaglia tedesca vicino Genova, qualche settimana prima della Liberazione; o come Pietro Amato Perretta, magistrato originario di Laurenzana, conosciuto dagli antifascisti con il nome di battaglia Amato o Roger, ferito a morte a Milano a novembre 1944, mentre cerca di sfuggire all’arresto dei brigatisti neri e delle S.S. tedesche. Nell’atrio del Ministero della Giustizia a Roma una lapide riporta i nomi dei sedici magistrati, inclusi i due di origine lucana, morti per liberare l’Italia dall’occupazione tedesca.
Queste e tante altre vite vengono raccontate come “storie minime, di gente comune”, ai più di noi sconosciute, diverse per provenienza e condizione, ma unite da un comune ideale di libertà e giustizia, tessuto vivo della memoria del popolo lucano che, in quei tempi drammatici, seppe scegliere da che parte stare.
Questo 80° Anniversario ci impone di difendere con fermezza la memoria, ma soprattutto di essere eredi degni di tantissime storie minime di gente comune, che lottò per un’Italia libera e democratica.
In un tempo attraversato da profonde crisi valoriali e da nuove sfide, l’esempio della Resistenza ci richiama all’essenza del nostro ruolo istituzionale e civile: essere veri garanti e custodi di libertà, democrazia e giustizia.
Come di consueto, in occasione del 25 aprile, i musei, i parchi archeologici e i luoghi della cultura restano aperti e visitabili gratuitamente. Non è solo un gesto simbolico, è un invito! Perché la libertà non è solo una conquista politica: è cultura, è conoscenza e consapevolezza delle proprie radici. Partecipare oggi alla visita di questi luoghi della cultura significa onorare chi ci ha consegnato un Paese libero, assumendoci la responsabilità di conoscerlo, comprenderlo, difenderlo.
La nostra storia, custodita in questi luoghi, ci parla di un popolo che ha saputo rinascere molte volte, sino alla Liberazione del 25 aprile di ottant’anni fa.
Ai giovani qui presenti oggi, ma anche a tutti noi dico: facciamo nostra questa eredità. Entriamo nei luoghi della memoria e della cultura, per vedere e per capire. Perché senza memoria non c’è libertà destinata a durare, perché la libertà non è mai scontata, perché la libertà è un comune impegno quotidiano.
Viva Franciscus! Viva la Liberazione! Viva la Repubblica! Viva l’Italia!
Michele Campanaro
















