«Da bene di proprietà di chi vendeva morte, a luogo di accompagnamento dolce per chi vive una fase terminale della propria vita». E' la sintesi con cui il prefetto di Torino Claudio Palomba descrive l'importanza della giornata di ieri, con un bene confiscato ad un pluripregiudicato, narcotrafficante affiliato della ‘ndrangheta, ora destinato alla collettività.
La villetta di lusso su due piani più seminterrato con giardino retrostante, in via Chambery, è divenuta la sede della nuova centrale di coordinamento della struttura medico-infermieristica che gestisce le cure palliative, nell’ambito dell’assistenza domiciliare integrata (Adi).
«La conclusione della procedura di destinazione del bene rappresenta un segnale che lo Stato, in tutte le sue espressioni, è presente e determinato a sconfiggere il virus mafioso in ogni sua forma», ha dichiarato il prefetto, rammentando il complesso iter che ha costretto anche l’amministrazione statale ad adottare la misura dello sgombero coatto per ottenerne la disponibilità.
Una data scelta non a caso, quella di ieri. L'8 giugno di dieci anni fa la magistratura portava a termine l’operazione Minotauro, facendo emergere la forza e la diffusione della ‘ndrangheta in Piemonte. Arrivarono disposizioni nei confronti di alcuni pregiudicati, compreso il titolare di questa villetta. «Oggi, 9 giugno, chiudiamo una parentesi importante», ha dichiarato il prefetto. «Queste proprietà immobiliari rappresentano spesso un elemento di intimidazione atto a testimoniare la forza della mafia sul territorio», ha concluso. «Pertanto la restituzione di questi beni alla collettività rappresenta anche una rottura definitiva del circolo vizioso della paura, la fine dell’aura di terrore e intimidazione che promanava da questo luogo in passato».
Una targa posta all'ingresso dell’immobile - assegnato dall’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati al patrimonio indisponibile del comune di Torino e da quest’ultimo in uso all’Asl - ricorda come l'uomo è sempre in grado di trasformare e dare nuovi significati alla realtà, anche quando questa sembra non avere nessuna speranza.