Decreto legislativo 13 ottobre 2014, n. 153

Nella Gazzetta Ufficiale del 27 ottobre scorso, è stato pubblicato il decreto legislativo indicato in oggetto adottato dal Governo in esercizio della delega conferita dagli artt. 1, comma 5, e 2, comma 4, della legge 13 agosto 2010, n. 136 entrato in vigore il 26/11/2014.

 

  1. Nuovo assetto della competenza al rilascio della documentazione antimafia. 


 

Tra le novità di maggiore rilievo recate dal D. Lgs. n. 153/2014, vi è la revisione dei principi che individuano la competenza per territorio della Prefettura ai fini del rilascio della documentazione antimafia.
 

Il rilascio della documentazione antimafia è immediatamente conseguente alla consultazione della Banca dati nazionale unica quando non emerge a carico dei soggetti ivi censiti la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67 (ovvero anche il tentativo di infiltrazione mafiosa ex art. 84, comma 4, nell’ipotesi di informazione antimafia). Nei casi, invece, di cui all’art. 88, commi 2, 3 e 3-bis, e dell’art. 92, commi 2 e 3, la documentazione antimafia è rilasciata:


 

  1. a) dal Prefetto della provincia in cui le persone fisiche, le imprese, le associazioni o i consorzi risiedono o hanno la propria sede legale;
  2. b) dal Prefetto della provincia in cui è stabilita una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato, per le società costituite all’estero di cui all’art. 2508 C.C.;
  3. c) dal Prefetto della provincia in cui i soggetti richiedenti, indicati nell’art. 83, commi 1 e 2, del Codice, hanno la propria sede, per le società costituite all’estero e prive di una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato.

Si evidenzia che ai sensi dell’art. 5, comma 2, del D. Lgs. n. 153/2014, i nuovi criteri regolatori della competenza per territorio non trovano applicazione in relazione alle richieste di rilascio della documentazione antimafia presentate anteriormente al 26 novembre 2014 .
 

Tali richieste saranno, pertanto, trattate ed evase sulla base della precedente formulazione degli artt. 87, commi 1 e 2, e 90, commi 1 e 2, del Codice, e ciò al fine di favorire la continuità dell’azione amministrativa.

 

  1. Il nuovo procedimento di rilascio delle comunicazioni antimafia. 


 

Un’importante innovazione apportata dal D. Lgs. n. 153/2014, concerne la rivisitazione del procedimento di rilascio delle comunicazioni antimafia, attuata attraverso un intervento sull’art. 88 del Codice, di cui viene riscritto il comma 4 e nel quale vengono inseriti i nuovi commi 4-bis, 4-ter, 4-quater e 4-quinquies.
 

Tali norme prevedono, innanzitutto, che il Prefetto verifichi l’attualità delle iscrizioni presenti nella Banca dati nazionale unica (oggi CED Interforze) indicative dell’esistenza delle situazioni di cui all’art. 67 del Codice e adotti il conseguente provvedimento nel termine di trenta giorni previsto dal nuovo comma 4 (in luogo di quello di quarantacinque precedentemente stabilito, che era prorogabile, nei casi di maggiore complessità, di ulteriori trenta giorni).
 

Al riguardo si evidenzia che, alla luce di quanto stabilito dai successivi commi di nuova introduzione sopra richiamati detto termine procedimentale ha natura eminentemente ordinatoria e, pertanto, il procedimento di emissione delle comunicazioni antimafia con l’adozione di un provvedimento formale di carattere liberatorio e/o interdittivo può essere concluso anche decorso tale termine.
 

Decorsi 30 giorni dalla consultazione, codesti Enti (soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2 del Codice), anche in assenza di formale emissione della comunicazione antimafia, procedono a stipulare il contratto o a rilasciare le autorizzazioni o concessioni richieste, previa acquisizione dell’autocertificazione di cui al successivo art. 89 che attesti l’assenza, nei confronti dei soggetti titolari degli incarichi e delle posizioni proprietarie rilevanti nell’ambito della compagine di impresa, delle situazioni ostative indicate dall’art. 67 dello stesso Codice.
 

Ne consegue che nel caso in cui le verifiche compiute sfocino nell’emissione, oltre il termine di 30 giorni, di una comunicazione antimafia interdittiva, le amministrazioni sono tenute a revocare le autorizzazioni e le concessioni rilasciate (azionando la clausola risolutiva per i finanziamenti, contributi e le altre erogazioni pubbliche) e a recedere dai contratti conclusi, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite (art. 88, commi 4-bis e 4-ter).
 

In linea con quanto stabilito per le informazioni antimafia, regole particolari sono previste per l’erogazione di contributi, finanziamenti e altre provvidenze pubbliche. In particolare, laddove la comunicazione antimafia non venga rilasciata entro trenta giorni, viene fatta salva la facoltà dell’amministrazione procedente di sospendere il versamento dei finanziamenti, contributi ed erogazioni fino alla ricezione della comunicazione antimafia liberatoria (art. 88, comma 4-quater).
 

Si richiama l’attenzione sulla nuova disposizione introdotta dall’art. 89-bis volta a chiarire quale provvedimento il Prefetto sia tenuto ad adottare qualora, nell’ambito di un procedimento per il rilascio della comunicazione antimafia, non ricorrano le situazioni ostative di cui all’art. 67 del Codice ma l’impresa risulti essere soggetta a tentativi di infiltrazione mafiosa.
 

In tal caso, la nuova normativa, mutuando una soluzione già avanzata in via interpretativa stabilisce che il Prefetto deve emettere un’informazione antimafia interdittiva in luogo della richiesta comunicazione.

 

  1. Le novità in materia di rilascio dell’informazione antimafia.


 

Il D. Lgs. n. 153/2014 introduce importanti novità anche in materia di rilascio delle informazioni antimafia sia in relazione all’individuazione dei soggetti rientranti nella categoria dei “familiari conviventi” che per quanto concerne il procedimento di rilascio.
 

In particolare, in coerenza con i principi di delega legislativa recati dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge n. 136/2010, si chiarisce che, ai fini del rilascio delle informazioni antimafia, le verifiche antimafia devono essere compiute nei confronti dei familiari conviventi maggiorenni, residenti nel territorio dello Stato (art. 85, comma 3, del Codice).
 

Per quanto concerne il procedimento di rilascio dei provvedimenti in questione, si evidenzia che ai commi 2 e 3 dell’art. 92 del Codice modificato dal D. Lgs. in oggetto, sono finalizzate a comprimere i tempi a disposizione del Prefetto per il rilascio dell’informazione senza pregiudicare l’effettività e l’incisività delle verifiche.
 

La nuova disciplina, infatti, stabilisce che qualora dalla consultazione della Banca dati nazionale unica (oggi del CED Interforze) emergano situazioni potenzialmente indicative dell’esistenza delle cause ostative di cui all’art. 67 del Codice ovvero tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all’art. 84, comma 4, il Prefetto svolge gli opportuni accertamenti nel termine di 30 giorni, che può essere prorogato di ulteriori 45 giorni, previa comunicazione all’amministrazione richiedente, nei casi di particolare complessità delle verifiche ovvero quando il soggetto non è censito nella Banca dati.
 

Nella fase attuale, in cui la Banca dati nazionale unica non è ancora stata attivata, deve considerarsi non censito l’operatore economico nei confronti del quale non risultino in passato essere state presentate richieste di rilascio di informazioni antimafia.
 

Il nuovo comma 3 del citato art. 92 prevede che decorso il termine di 30 giorni di cui al comma 2, ovvero nei casi di urgenza, immediatamente, i soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2, procedono anche in assenza dell’informazione antimafia, fatta salva la revoca e/o il recesso in caso di sopravvenuta informazione interdittiva.
 

Relativamente ai finanziamenti, contributi ed altre provvidenze di cui all’art. 67, comma 1, lett. g) del Codice, il nuovo art. 92, comma 5, prevede che fino alla ricezione dell’informazione antimafia liberatoria l’erogazione di tali provvidenze può essere sospesa.

 

  1. Comunicazione della documentazione antimafia interdittiva all’impresa interessata e rapporti con l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).


 

Gli artt. 88, comma 4-quinquies, e 92, comma 2-bis, del Codice, nella nuova formulazione, prevedono che la comunicazione e l’informazione antimafia interdittive sono comunicate dal Prefetto all’impresa, società o associazione interessata.
 

Le suddette disposizioni sono coerenti con i più recenti orientamenti della giurisprudenza, secondo la quale i citati provvedimenti sono immediatamente produttivi di effetti nella sfera giuridica del destinatario e, quindi, sono impugnabili davanti al Giudice Amministrativo anche autonomamente rispetto ai susseguenti atti adottati dalle amministrazioni richiedenti (Cons. Stato, Ad. Plen., ord. N. 17/2014).
 

Il Prefetto è tenuto ad assolvere a tale onere informativo nel termine di 5 giorni dall’adozione della documentazione antimafia interdittiva, secondo le modalità stabilite dall’art. 79, comma 5-bis, del D. Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici).
 

La comunicazione della documentazione antimafia interdittiva dovrà essere effettuata, quindi, secondo tali modalità:
 

  1. a) per iscritto;
  2. b) con lettera raccomandata con avviso di ricevimento o mediante notificazione o posta elettronica certificata ovvero telefax;
  3. c) nel caso di invio a mezzo posta o notificazione, dell’avvenuta spedizione deve essere data contestuale notizia all’operatore economico destinatario mediante fax o posta elettronica non certificata;
  4. d) la comunicazione deve essere accompagnata dalla documentazione antimafia interdittiva e dalla relativa motivazione.


 

  1. Utilizzabilità della documentazione antimafia in altri procedimenti amministrativi.


 

Nelle more della concreta attivazione della Banca dati nazionale unica, il D. Lgs. n. 153/2014 ha introdotto una norma transitoria (art. 86, comma 2-bis del Codice) volta a consentire l’utilizzabilità della documentazione antimafia anche in procedimenti diversi da quello per il quale essa è stata acquisita dall’amministrazione interessata.
 

La possibilità di ricorrere a questa forma di semplificazione è subordinata a due condizioni, che devono ricorrere contestualmente:
 

  1. a) deve trattarsi di documentazione in corso di validità ex art. 86, commi 1 e 2 del Codice (ossia 6 mesi dall’acquisizione per le comunicazioni e 12 mesi per le informazioni);
  2. b) i procedimenti nei quali la documentazione può essere riutilizzata devono riguardare “i medesimi soggetti” del procedimento per il quale è stata acquisita.

In altri termini, la documentazione antimafia può essere utilizzata in altri procedimenti esclusivamente dall’amministrazione che l’ha precedentemente acquisita, a condizione che non siano intervenute modificazioni nei confronti delle persone, fisiche e giuridiche, titolari dei poteri di amministrazione, direzione o controllo ovvero degli assetti proprietari indicati all’art. 85 del Codice. Pertanto, nel caso in cui nel frattempo siano intervenute variazioni nei soggetti titolari dei predetti poteri o assetti proprietari, l’amministrazione procedente dovrà provvedere a richiedere il rilascio di una nuova documentazione antimafia.
 

La disposizione in argomento – che si applica anche alle richieste di rilascio presentate in data anteriore all’entrata in vigore del D. Lgs. 153/2014 – è di carattere transitorio.
 

Essa, infatti, troverà applicazione fino alla data di definitiva attivazione della Banca dati nazionale unica. Dopo tale data, la norma cesserà di essere efficace e le amministrazioni dovranno richiedere il rilascio della documentazione antimafia per ogni rapporto di cui all’art. 83, comma 1, del Codice, attraverso la “piattaforma” informatica della Banca dati.

 

  1. La disciplina transitoria.


 

Al fine di favorire la continuità dell’azione amministrativa, il D. Lgs. n. 153/2014 stabilisce che le nuove disposizioni non si applicano alle richieste di rilascio della documentazione antimafia presentate anteriormente alla sua data di entrata in vigore.
 

Pertanto le richieste di emissione della documentazione antimafia presentate prima del 26 novembre 2014 dovranno essere trattate ed evase dalle Prefetture che le hanno legittimamente ricevute in forza delle previgenti disposizioni.
 

Ciò premesso, si evidenzia che al fine di consentire l’applicazione di alcune disposizioni – orientate a semplificare e a snellire le procedure di cui si tratta – anche nei procedimenti in corso, l’art. 5, comma 2, del citato decreto legislativo n. 153/2014 introduce alcune deroghe al principio di carattere generale sopra illustrato che appare opportuno richiamare.
 

In particolare, troveranno applicazione nei confronti delle richieste di rilascio della documentazione antimafia presentate anteriormente alla data di entrata in vigore del D. Lgs. 153/2014 le seguenti disposizioni in materia di:
 

  • Individuazione dei soggetti rientranti nella definizione di “familiari conviventi” (art. 85, comma 3, del Codice, come sostituito dall’art. 1, comma 1, lett. a) del D. Lgs. n. 153/2014);
  • Riduzione del termine per il rilascio della comunicazione antimafia da 45 a 30 giorni; possibilità di procedere, sotto condizione risolutiva, anche in assenza della comunicazione antimafia, una volta decorso inutilmente il suddetto termine; applicazione della revoca e del recesso anche nel caso in cui l’accertamento dei motivi ostativi di cui all’art. 67 del Codice avviene successivamente alla stipula del contratto, alla concessione di lavori o all’autorizzazione al subcontratto; possibilità di sospendere il versamento delle erogazioni fino alla ricezione della comunicazione antimafia liberatoria; comunicazione del provvedimento interdittivo all’impresa interessata (art. 88, commi 4, 4-bis, 4-ter, 4-quater e 4-quinquies del Codice, modificato dall’art. 2, comma 1, lett. b) del D. Lgs. n. 153/20149;
  • Ampliamento dell’ambito di applicazione dell’istituto dell’autocertificazione e adozione dell’informazione interdittiva in luogo della comunicazione richiesta, qualora, in esito alle verifiche disposte, venga accertata la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa (art. 89, comma 1, del Codice, come modificato dall’art. 2, comma 1, lett. c) del D. Lgs. n. 153/2014 e art. 89-bis del Codice);
  • Riduzione del termine per il rilascio dell’informazione antimafia a 30 giorni, prorogabili, in caso di verifiche particolarmente complesse, di ulteriori 45 giorni; possibilità di procedere immediatamente in caso di urgenza, sotto condizione risolutiva, anche in assenza dell’informazione, una volta decorso inutilmente il termine di 30 giorni; possibilità di sospendere il versamento delle erogazioni fino alla ricezione dell’informazione antimafia liberatoria; comunicazione del provvedimento interdittivo ai soggetti interessati; comunicazione al Presidente dell’ANAC dell’esito delle verifiche svolte in merito alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle straordinarie misure di gestione e sostegno dell’impresa interdetta (art. 92, commi 2, 2-bis, 3 e 5 del Codice, come modificato dall’art. 3, comma 1, lett. b) del D. Lgs. n. 153/2014).
     

Nel rimanere a disposizione per eventuali chiarimenti, si sottolinea la rilevanza delle innovazioni introdotte dal D. Lgs. 153/2014 in ordine allo snellimento del procedimento di rilascio dei provvedimenti antimafia e con la finalità di un più efficace controllo in sede di emissione di tali provvedimenti.

Ultimo aggiornamento
Mercoledì 4 Ottobre 2023, ore 13:54