L'Italia gestisce il fenomeno dei flussi migratori da Paesi che non fanno parte dell’Unione europea attraverso politiche che coniugano l’accoglienza e l’integrazione con l’azione di contrasto all’immigrazione irregolare.
L'ingresso  nel  territorio  dello  Stato è consentito ai valichi di frontiera a chi è in possesso di passaporto o documento equivalente, e del visto. Lo Stato programma periodicamente con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, il cosiddetto ‘decreto-flussi’ introdotto dalla legge n.40/1998, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio italiano per lavoro subordinato e autonomo. La normativa prevede anche l’ingresso per lavoro in casi particolari (articolo 27 del Testo unico sull’immigrazione).

Stato, regioni, autonomie locali, in collaborazione con le associazioni del settore e con le autorità dei Paesi di origine, favoriscono l'integrazione dei cittadini stranieri che si trovano regolarmente in Italia (articolo 42 del Testo unico immigrazione) attraverso programmi che: prevedono l'informazione sui diritti e opportunità di integrazione oppure reinserimento nei paesi di provenienza; promuovono la formazione linguistica, civica e professionale; favoriscono l'ingresso nel mondo del lavoro.
I consigli territoriali per l'immigrazione, istituiti in ogni prefettura (decreto presidente del Consiglio dei ministri 18 dicembre 1999), monitorano la presenza degli stranieri sul territorio e il livello di inserimento socio-lavorativo, per promuovere politiche di integrazione locali mirate, in collaborazione con le altre istituzioni e con gli enti del privato sociale. Questi organismi rappresentano l'elemento di raccordo tra governo centrale e realtà locali per tutto ciò che riguarda l'immigrazione e le problematiche collegate, garantendo l’omogeneità delle politiche di gestione del fenomeno su tutto il territorio.

Ultimo aggiornamento
Martedì 27 Agosto 2024, ore 09:58